Prince, n’enquerez de sepmaine
Ou elles sont, ne de cest an,
Qu’a ce reffrain ne vous remaine:
Mais ou sont les neiges d’antan?
François Villon c.1461
Vorrei parlare di questa nuova amatissima donna che ho davanti. Vorrei dire quanto familiare e pure sorprendente lei sia, da questo angolo dell’universo che occupo indegnamente. Di quanto la sua presenza, comunque di una come dell’altra, somigli così tanto alla Grazia di cui qualche volta, vaneggiando, parlo.
Vorrei dire dell’Amore all’ombra del quale abbiamo sempre vissuto, inconsapevoli ed impegnati in altro: la cura e la coltivazione di una straniata quiete domestica, la prosecuzione di un impegno professionale che conteneva aspirazioni lecite ed ambizioni cattive, insieme. Una pratica del sesso sia generativa che frustrante. Oltre che varii altri insignificanti fallimenti.
Vorrei dire della gioia che la sua compagnia mi procura. Vorrei raccontare degli splendori che il mio rilassato corpo raggiunge facilmente, stando vicino al suo. Vorrei anche dire della novità che ora lei incarna, ennesima pelle della stessa creatura invincibile: del lussureggiante stupore che la sua movenza provoca in me, così disperato antico amante.
Ecco vedi
tu mi piaci perché parli come un marziano e io come una margherita.
Tu sei verde e io perdo tutti i miei petali.
I grandi invece usano tutti le stesse parole
e finisce che per capirsi si chiudono in gabbia
e non vanno lontano
come fa il fiume il vento o i nostri respiri.
La mia bambina va scalza
nelle pozze di cielo per dipingersi le piante.
I piedi liberi sentono il viola dei pensieri che sfioriscono.
Sotto le gonne ci trovi gli aquiloni e tra i capelli nidi di grifone
fragole e ciliegie le ridono la bocca
dall’alveo della voce crescono tra-montane
sinfonie maestrali affreschi
dei colori la sua allegria depone uova di sole in figurine di neve.
fernanda ferraresso-da Migratorie non sono le vie degli uccelli